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Spazio educativo 0-6: sguardo panoramico e spunti di riflessione

L’interesse per lo spazio educativo i suoi aspetti organizzativi e le sue valenze pedagogiche nasce, da insegnante del primo ciclo della scuola, da un’esigenza cresciuta sempre più nel corso degli anni di migliorare diversi aspetti del mio lavoro tra cui appunto il rapporto con gli spazi adibiti all’attività didattica ed educativa.

Man mano che anche il mio percorso formativo si è arricchito di nuove esperienze e conoscenze, ho potuto constatare un generale interesse rinnovato da parte di diverse correnti di ricerca rispetto alla valorizzazione dello spazio educativo.

Ho pensato quindi di riportare in questo articolo le tematiche generali che muovono gli studiosi e i ricercatori e che possano introdurre il lettore, principalmente professionista del settore ma anche un appassionato, agli aspetti forse ancora sconosciuti o poco esplorati della progettazione degli ambienti destinati all’accoglienza e alla crescita , nello specifico, dei bambini della fascia della prima infanzia 

Esiste una letteratura molto ricca su questa tematica che analizza in generale il rapporto tra pedagogia e architettura (Weyland, Galletti 2018), per arrivare alla realizzazione di spazi adattabili all’attività didattica e formativa a diversi livelli (Tosi e altri autori 2019).

Negli ultimi tempi lo spazio in ambito educativo è stato al centro di numerosi articoli sottolineando una rinnovata esigenza nel pensare a quello che Malaguzzi definiva “il terzo educatore”.

Gli autori di questi articoli spesso focalizzano l’attenzione sulle scelte degli educatori da conciliare con le esigenze dei bambini, nel caso specifico della prima infanzia.

Diversi articoli che ho letto mi hanno suscitato un pensiero, un’idea che in qualche modo riassume il mio modo di vedere lo spazio educativo:  uno spazio che abbia finalità educative dovrebbe non soltanto stimolare il bambino a fare ma a sentirsi se stesso, potersi esprimere in libertà.

Una prima esigenza del bambino di certo è quella di esplorazione e movimento.

Come venire incontro ad esempio ad una spinta simile in un ambiente magari ristretto, in una sezione magari eccessivamente ricca di arredi?

Una buona base di partenza può essere quella di creare diverse aree di interesse, in una organizzazione che ne rispetti le diversità ma anche le possibili connessioni.

Se un’area di interesse rappresentata ad esempio dalla cucina può stimolare il gioco simbolico, si potrebbe fare in modo che includa oggetti che stimolino la manipolazione di strumenti e oggetti che portino il bambino a sviluppare competenze di raggruppamento o classificazione con contenitori, bilance e simili. Anche le contaminazioni possono far sì che si realizzino nuove combinazioni di attività: oggetti che vengono magari selezionati per un contesto di manipolazione e creatività potrebbero ritrovarsi ed essere utilizzati anche nell’area confinante realizzata magari per gli esperimenti di luci e ombre del tavolo luminoso.

Ritornando alla dimensione più generica di spazio è interessante rilevare alcuni dati raccolti durante un corso di formazione proposto a Trento (Weyland, Galletti 2018): dopo una prima parte di presentazione e di proposta di alcune tematiche, i partecipanti sono stati sollecitati a trovare connessioni tra pedagogia e architettura. Sono riusciti così ad esprimere pensieri come questo:

“Lo spazio è un progetto, sinonimo di fruibilità, è la dimensione dove la bellezza accade, è il luogo dove puoi inventare e abitare.” (Weyland, Galletti 2018)

È auspicabile quindi  che uno spazio che abbia finalità educative possa favorire la libera scelta, la stimolazione plurisensoriale e che sia catalizzatore di bellezza, così come viene descritto da Carola Castoldi in un recente articolo presente in PF06 e che effettivamente rimanda ad un‘impronta molto forte riportata dal metodo Reggio Children.

Interessante anche il pensiero di Monica Guerra che definisce lo spazio “competente, provocante e in grado di aiutare i bambini a farsi domande. Che li ingaggia, rapisce la loro attenzione e curiosità.”

Weyland e Galletti propongono suggerimenti di migliorie architettoniche per 9 spazi tipici della scuola, in particolare la scuola dell’infanzia, corrispondenti a 9 funzioni principali che riguardano le attività che si svolgono quotidianamente.

Si inizia dall’ingresso: qui l’obiettivo è dare importanza all’accoglienza rendendo il più possibile fruibile l’accesso e rimarcare anche visivamente la funzione di accoglienza dell’ingresso rispetto ad esempio all’esterno: si possono utilizzare colori differenti, servirsi di materiali che creino opacità e trasparenze nelle pareti, realizzare una zona che favorisca il dialogo con le famiglie e permettere, tramite vetrate,  di ammirare la scuola o magari nello specifico i lavori degli alunni opportunamente mostrati.

Spazio esterno: le autrici sottolineano l’importanza della continuità tra interno ed esterno ad esempio realizzando pavimentazioni e/o coperture in prossimità delle sezioni come prolungamento della zona interna; fondamentali infine i suggerimenti nella realizzazione della frammentazione del contesto esterno in “nicchie” e “quinte”,”schermatura acustica” e diversi livelli di esplorazione con scale e piani inclinati, il tutto con materiali naturali

Guardaroba: anche qui semplici ma di grande impatto le piccole strategie e proposte per rendere questo ambiente più riservato con quinte realizzate in legno e magari rivestite in tessuto per dare più calore all’ambiente; aggiungere disegni o foto per personalizzare o rendere più familiare questo spazio e magari inventare qualche angolino con sedute comode per un breve scambio sia tra alunni che tra alunni e insegnante

Spazi comuni/agorà: qui le autrici presentano alcune soluzioni per rendere condivisibile e fruibile l’area comune a tutti gli alunni. Dal punto di vista architettonico suggeriscono sempre soluzioni per isolamento acustico sia per il soffitto che le pareti; interessanti le idee riportate per l’allestimento (mobili contenitore e seduta a scomparsa)

In conclusione si presentano altri cinque ambienti di massima: la sala giochi/attività, la sala da pranzo, la sala relax, l’aula insegnanti e i servizi.

Dal punto di vista architettonico prevedere ambienti così diversificati risulta già essere una sfida. Ciò che accomuna la  loro realizzazione e  fruizione  è l’obiettivo di rendere familiare, funzionale e personalizzabile lo spazio scolastico, lo spazio educativo.
Tutto o quasi si concentra in una nuova idea di allestimento di arredi e materiali; aree tematiche e di interesse rispondenti alle esigenze diverse degli alunni; piccoli gruppi e allestimento armonioso per il pranzo, l’importanza del tatto, dell’insonorizzazione, della tranquillità nella stanza del relax, specchi per i più piccoli e servizi il più possibile alla portata degli alunni nella zona dedicata ai servizi igienici e infine l’aula insegnanti, che deve favorire dialogo, condivisione ma anche possibilità di riporre materiali di lavoro e documentazioni varie.

Lo spazio educativo e in particolare scolastico deve essere vivibile, quindi esplorabile.  Piccoli accorgimenti nella progettazione e nell’allestimento possono trasformare una stanza o un corridoio da spogli e asettici a ricchi di stimoli e motivanti. Ed ecco realizzarsi il pensiero di Malaguzzi: lo spazio come “terzo educatore”.

Laura Cogoni per Azione Educativa

(immagine di copertina: https://pin.it/2n4rwSP )

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