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La fiaba e il grande gioco dei simboli

Delle fiabe e dei simboli. 

In questo nostro articolo vogliamo iniziare a osservare le fiabe, base di molti giochi teatrali.

Le fiabe non sono “solo “ racconti, le fiabe sono di più.

Per scoprirlo vogliamo utilizzare un estratto da un testo, mai pubblicato, scritto da Stefano Mastini, la persona che per prima ci ha introdotti al mondo della fiaba e del lavoro teatrale con i bambini.

Il testo dal titolo “L’Angelo telematico”, scritto più di vent’anni fa è a tutti gli effetti un manuale in forma di romanzo che si apre sul mondo del teatro, dell’infanzia , e sul teatro con l’infanzia.

A S.M. grazie.

LA FIABA E IL GRANDE GIOCO DEI SIMBOLI.

Le fiabe destinate ai bambini si rifanno alle mitologie non ricorsive, quelle che tendono nettamente verso il conseguimento di un nuovo status. E questo sembra quasi scontato se pensiamo che loro, i misteriosi cuccioli dell’uomo, inseguono un obiettivo che deve essere assolutamente raggiunto e che non può e non deve diventare una ricerca infinita. Un viaggio il loro che non prevede ritorni o rigenerazioni, ma che si snoda seguendo una direzione unica e lineare, con un unico e chiarissimo obiettivo: diventare “grandi”.

Quando parliamo di fiabe, e in particolare di fiabe di tradizione orale, facciamo riferimento a un genere di racconti un po’ particolari, giunti fino a noi attraverso secoli di trasmissione non scritta ma raccontata e quindi, grazie alle relativamente recenti trascrizioni, anche attraverso la scrittura. Si tratta di storie dotate di un ricchissimo e complesso patrimonio simbolico che le fa essere vicinissime e particolarmente congeniali alle esigenze e alla sensibilità del bambino. 

Seguendo il bambino, osservandolo mentre è alle prese con il gioco, oppure mentre ci parla di sè, ci accorgiamo che utilizza quasi sempre una mediazione simbolica nei confronti della realtà. Il simbolo gli consente infatti di accostarsi a temi complessi e molto delicati per la sua ancora fragile sensibilità. Del resto manipolare un simbolo è sempre possibile, mentre assai più arduo sarebbe pretendere di manipolare direttamente la realtà. Un conto è umiliare la matrigna fantasticando con la fiaba di Cenerentola, altra cosa è fantasticare un ribellione nei confronti di una madre “cattiva”. 

Eppure questa manipolazione del simbolo può presentarsi come un’operazione assai complessa, anche se sempre molto affascinante. Noi adulti facciamo spesso fatica ad interpretare coscientemente e correttamente la chiave simbolica di una fiaba, e chiarirne il significato simbolico più profondo. Il bambino si immerge completamente nel gioco dei segni offerti dalla stessa fiaba: continua poi a manipolarli durante il gioco, finché riesce a possederli in pieno. 

Questa operazione ha evidentemente lo scopo di allargare la sua comprensione della realtà, indicare le direzioni verso le quali procedere per superare i limiti del momento e come aggregare gli elementi necessari per una personalità “integrata”.

Tra i simboli ci accorgiamo presto che i più affascinanti ed efficaci per i nostri scopi appartengono a una categoria un po’ speciale: sono quelli che C. G. Jung chiamò gli “archetipi”. Sono i grandi simboli dell’Esistenza, quelli che vanno a popolare le mitologie e le religioni, condizionando intere colture e dando fascino e spessore alle leggende e alle fiabe. 

“Non solo nella favola, ma in genere nella vita occorre l’obiettiva intromissione dell’archetipo, che acquieta le reazioni puramente affettive attraverso una serie di intimi processi di confronto e di chiarificazione. Questi fanno nettamente risaltare il chi, il come, il perché, e con ciò rendono possibile la conoscenza tanto della situazione momentanea, quanto dello scopo. La chiarificazione così operata e il districarsi del nodo fatale ha spesso in sè qualcosa di veramente miracoloso“. Carl Gustav Jung : Il problema dell’inconscio nella psicologia moderna – Zurigo 1930 – ed. It. Einaudi 1942   

Ogni bambino sviluppa un mondo fantastico molto ricco e variegato. Una sorta di Mondo Parallelo, popolato dai personaggi delle fiabe e dai suoi eroi preferiti, e dove gli avvenimenti hanno tutti una grande importanza simbolica per la sua crescita. In questo Mondo i bambini vanno spessissimo: ogni volta che mettono piede, da soli o con qualche compagno, in un gioco di simulazione, quando ascoltano una fiaba, quando muovono un soldatino sul tavolo, quando sognano ad occhi aperti. 

Nel Mondo Parallelo l’archetipo riveste un ruolo importantissimo, quasi da protagonista assoluto. Qui ha infatti la possibilità di svolgere le funzioni descritte da Jung con il massimo della sua potenza. 

Nel lavoro teatrale con i bambini utilizziamo come passaporto per il Mondo Fantastico dei bambini proprio la fiaba: la fiaba tradizionale, quella tramandata oralmente quasi fino ai giorni nostri, e che rappresenta una fonte praticamente inesauribile di motivi di straordinario spessore. 

Nella fiaba di tradizione orale l’efficacia della magia, della formula, dell’incantesimo e della pozione non vengono mai messi in discussione. Anzi quel mondo appare profondamente permeato da una complessa costruzione mitico rituale che trasporta in un ineffabile mondo incantato. 

Molti dei personaggi tipici della fiaba sono di per sé legati a doppio filo a quel mondo misterioso e fascinatorio, mi riferisco alle moltitudini di folletti, elfi silvani, draghi, fate, animali parlanti e surreali. 

Il gesto e la parola possiedono una potenza indiscutibile, sconosciuta nel nostro mondo quotidiano, i più terribili cataclismi possono essere scatenati o placati con il semplice sollevarsi di una mano o con il flebile sussurro di poche sillabe. 

Le popolazioni con modelli di sviluppo non tecnologici, che hanno quindi rinunciato alla capacità di controllare alcuni fenomeni naturali con l’uso di determinate macchine, ricorrono al rituale e alla cerimonia per ottenere il controllo di questi fenomeni. La “danza della pioggia” è l’esempio banale per capire come possa il Sioux tentare di supplire alla capacità di costruire un acquedotto. Ma anche perché poche gocce di una micidiale mistura estratta dai testicoli di un possente animale della foresta possa dare potenza imbattibile a un intero esercito. 

Ma la fiaba non si ferma a questo uso “tecnico” del rituale magico, ne fa un sistema estremamente più complesso che si colloca su un piano decisamente cosmico. Le schiere contrapposte del “bene” e del “male” si combattono una cruenta battaglia sul palcoscenico descritto dalla fiaba, in una visione che probabilmente sarebbe piaciuta agli gnostici medievali. 

Non è del resto un caso che la fiaba, così come è giunta fino a noi prediliga ambientazioni che ci riportano contemporaneamente a scenari molto arcaici e tribali e alle guglie svettanti dei manieri del quattordicesimo secolo. 

Il bambino, il cui spirito è spontaneamente e biologicamente programmato verso l’animismo e il magismo, accoglie con naturalezza questo mondo di grandi scontri morali, lo stesso conflitto che inizia a strutturarsi e a delinearsi nella sua giovane coscienza. 

Le epiche lotte tra Bene e Male finiscono spesso con l’incupire i toni dello scenario. Un tempo si diceva che le fiabe potevano essere dannose alle tenere coscienze infantili, creature infernali che emergono dalle tenebre per andare a popolare le fantasie e ad alimentare le angosce notturne. Ma forse vale la pena di domandarsi se le fiabe, così come la mitologia, le leggende, le superstizioni, siano la causa o la conseguenza delle nostre ansie e delle nostre angosce. Perché se le fiabe altro non sono che l’effetto dei timori infantili ci rendiamo facilmente conto che raccontarle ai nostri bambini significa inviare loro una serie di messaggi molto importanti: innanzitutto queste paure che turbano i vostri sogni non sono solo vostri ma sono condivisi da tutti, non siete quindi isolati e sperduti nei vostri timori, ma potete trovare la solidarietà e il sostegno degli altri. La squassante lotta tra bene e male che sentite agitarsi nel vostro intimo è la lotta che tutto il genere umano combatte da quando le è stato fatto dono dell’intelligenza. Abituatevi poi a “giocare” con il terribile drago, “La bestia che era, non è e tuttavia è”, e a metterlo nel sacco, come nelle fiabe; come Pollicino che beffa l’orco o Cappuccetto Rosso che sopravvive al pasto del lupo. 

La fiaba non nega l’esistenza del male, dell’angoscia, della paura, preferisce concretizzarle in immagini definite e, quindi rappresentare il loro superamento. La fiaba segue esattamente quel tratto di percorso che conduce da un problema alla sua soluzione, e solo quello.

Immagine: Kay Nielsen. A Est del Sole a Ovest della Luna. Taschen.

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