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Educazione artistica: ieri, oggi, domani

di Howard Gardner

(traduzione e commenti a cura della Redazione di Azione Educativa)

Howard Gardner è Professore ordinario e ricercatore di Scienze Cognitive e Pedagogiche presso la Harvard Graduate School of Education, è noto a livello internazionale per la sua teoria sulle intelligenze multiple (“Frame of Minds”, 1983). È Senior Director di Project Zero, gruppo di ricerca della Harvard Graduate School of Education fondato alla fine degli anni Sessanta, inizialmente dedicato allo studio dei processi cognitivi con particolare riferimento alla creatività e alle arti. Gli attuali interessi e studi di Gardner si concentrano su come migliorare la qualità dell’educazione a livello universitario.

Nel maggio del 2015 Howard Gardner è intervenuto sul tema dell’educazione artistica presso il Kennedy Centre for the Performing Arts di Washington. Gardner sintetizza la storia dell’educazione artistica nei decenni passati, fa una panoramica sulla situazione attuale e conclude sostenendo il ruolo cruciale dell’arte per il futuro dell’istruzione, in particolare come possibile ponte interdisciplinare tra le discipline umanistiche e quelle scientifiche, ma anche come chiave di volta per affrontare la contemporaneità.

Lo studioso analizza la situazione statunitense nella quale negli ultimi anni si è sviluppata una certa asimmetria tra gli studi umanistici e quelli scientifici, con una netta prevalenza dell’importanza attribuita ai secondi. Le arti, nel senso più ampio che spazia dalla musica, alla scultura, alla poesia, al balletto, al cinema, alle arti figurative, sono un antidoto efficace a questa asimmetria: sono strutturalmente capaci di formare una visione interdisciplinare e di educare la capacità mentale di sintesi ad essa connessa. L’interdisciplinarietà e la facoltà di sintesi, cioè la capacità di integrare idee e conoscenze di diverse aree, sono due aspetti oggi determinanti e cruciali per sviluppare la cittadinanza globale, come sostiene anche Edgar Morin e come sostengono le nostre Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione. Già nel 2006 l’UNESCO ha stilato una road map, ratificata e approfondita dall’Agenda UNESCO di Seul 2010, per indagare e consolidare il ruolo dell’educazione artistica in relazione ai bisogni di creatività e di sensibilizzazione culturale del XXI secolo, individuando nell’arte un ruolo chiave per migliorare la qualità dell’istruzione. 

Oltre alla specifica situazione statunitense, Gardner ci propone, dunque, una interessante riflessione sul ruolo dell’arte nell’istruzione come risposta ai bisogni educativi emergenti nella contemporaneità. 

Intervento di Howard Gardner

(maggio 2015, presso il Kennedy Centre for the Performing Arts di Washington)

Come potete constatare voi stessi, sono stato in giro per molto tempo…e ho lavorato sull’educazione artistica per alcuni decenni.

Quando ero giovane, cresciuto a Scranton in Pennsylvania, me ne stavo seduto a casa a guardare un direttore d’orchestra chiamato Leonard (Lenny) Bernstein che faceva conoscere, a me e ad altre migliaia di giovanotti, la musica classica orchestrale. Ho portato con me due oggetti di alta tecnologia, questo è il numero uno [fa vedere la fotocopia di una foto in bianco e nero – ndt]: è Leonard Bernstein in tv, si può trovare online. [nel 1954 va in onda negli Stati Uniti la prima serie di concerti mai trasmessi in tv intitolata I concerti dei giovani diretti dal direttore d’orchestra, compositore e pianista Leonard Bernstein; in ogni episodio veniva affrontata una tematica Cosa significa la musica? Cos’è l’orchestrazione? Cosa rende la musica sinfonica? Ecc. – ndt]

Questo è un esempio di educazione artistica negli anni ‘50.

Successivamente, mezzo secolo fa, quando ero ricercatore, sono stato uno dei membri fondatori del Project Zero di Harvard, un gruppo che da tempo si interessa in particolar modo dell’educazione artistica. Di lì a poco sono intervenuto nei lavori di una commissione sull’educazione artistica riunita dal Rockfeller Brother Fund [RBF è la Fondazione Rockefeller, nata negli USA dalla famiglia Rockefeller gestisce numerosi programmi di finanziamento di ricerche in numerosi campi fra cui la pubblica sanità, l’innovazione scientifica, l’agricoltura, le scienze sociali e le arti – ndt] che in seguito pubblicò un rapporto intitolato “Arrivare ai nostri sensi”. Vorrei sapere quanti di voi ricordano quel report…molto pochi, questa era la copertina del report [mostra la copertina – ndt]. Il documento era nettamente focalizzato su quello che si può e si deve fare nelle scuole. 

Questo è un esempio di educazione artistica, negli Stati Uniti,  negli anni ‘70.

Oggi sono passati 40 anni. Cosa accadrebbe se il proverbiale ospite alieno, che non è vissuto qui sulla Terra negli ultimi decenni, venisse negli Stati Uniti per osservare l’educazione artistica? Diciamo che sia un giornalista proveniente da Marte…o, se preferite, una giornalista proveniente da Venere…

Il giornalista verrebbe armato delle classiche domande giornalistiche [l’autore fa riferimento alle “5 W”: Why? Who? Where? When? What? Perché? Chi? Dove? Che cosa? Quando? – ndt]

ed ecco le risposte che gli darei….in circa 9 minuti.

PERCHÉ l’educazione all’arte? 

Per voi qui presenti al Kennedy Center oggi è facile rispondere a questa domanda. Tutti voi sapete che una vita nella quale c’è l’arte fa la differenza e viene trasformata qualitativamente, e lo avete sperimentato come pubblico, come artisti, come educatori; sapete e avete sperimentato che l’arte arricchisce le vostre esperienze e le esperienze delle persone con le quali venite in contatto, che l’arte intercetta e trasmette i significati più grandi e più potenti dell’esperienza umana, come i Romani ben sapevano: Vita brevis, ars longa [“la vita è beve, l’arte lunga”, significa che la perfezione dell’arte non è realizzata da un solo artista, ma dalla pratica artistica attraverso le generazioni – ndt]

Per quanto riguarda il giornalista, gli direi che ci possono anche essere dei benefici accessori delle arti, forse una maggiore motivazione all’impegno scolastico, forse un ritorno economico per la società. Ma aggiungerei questo: non conosco nessuno che si dedichi all’arte principalmente per aumentare il proprio QI o principalmente per aumentare il reddito. E questa è una prova del valore intrinseco delle arti e della cultura.

La domanda successiva: CHI?

In primo luogo, possiamo dire che le arti in passato erano principalmente un’attività elitaria, ma oggi tutte le persone hanno facile accesso al lavoro di Damian Woetzel [ballerino – ndt], di Yo-Yo Ma [violoncellista – ndt], di Jacques D’Amboise [ballerino, coreografo, attore- ndt] e degli altri artisti.

In secondo luogo, abbiamo visto come l’arte sia un interesse fondamentale per i più giovani, il Rockefeller Brothers Fund lo sapeva anche 40 anni fa. Ma oggi anche le persone più anziane sono un vasto pubblico in crescita. Loro, o forse noi, siamo molto più propensi a visitare un museo o ad assistere a uno spettacolo o a tirare fuori il nostro vecchio strumento musicale se siamo stati avvicinati all’arte quando eravamo giovani, attraverso la creazione di opere d’arte o attraverso dei corsi a scuola o all’università. Questo è una ragione importante per cui dovremmo considerare l’educazione artistica come una forma di apprendimento permanente che si può curare anche molto tempo dopo che si è smesso di essere in grado di correre la maratona.

DOVE?

L’educazione artistica, come dicevo, è stata affidata principalmente alla scuola come insegnamento rivolto ai giovani. Ma, nonostante i poderosi sforzi impiegati anche da molti di voi qui riuniti, il ruolo delle arti nelle scuole statunitensi è costantemente diminuito dagli anni ’50 di Bernstein e dagli anni ’70 del Rockefeller Brothers Fund. Il Common Core domina gli obiettivi scolastici [negli USA si tratta di linee-guida e standard federali per l’apprendimento della lingua inglese e della matematica, per gli alunni dall’asilo all’ultimo anno di scuola secondaria di secondo grado. È stato creato per dare omogeneità ai vari metodi d’insegnamento locali facendo leva sullo sviluppo del pensiero critico e analitico – ndt] e le STEM sono onnipresenti [l’acronimo STEM, dall’inglese Science, Technology, Engineering and Mathematics è un termine utilizzato per indicare le discipline scientifico-tecnologiche (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica) e i relativi corsi di studio – ndt] e non sono, ahimè, STEAM [qui l’autore vorrebbe inserire tra le discipline maggiormente studiate la A di Arte- ndt]. 

D’altra parte, il lato positivo è che fino ad oggi l’educazione artistica era fondamentalmente relegata in alcune istituzioni e in determinate ore (nelle scuole e nei musei, ad esempio). Ma ora si può trovare arte ovunque: nei centri di aggregazione sociale, nei luoghi pubblici, nei media tradizionali, sul web e nei social media. Abbiamo accesso alle più grandi opere d’arte di tutti i tempi su più supporti, con il semplice tocco su un tablet e possiamo modificare, combinare, abbinare e mischiare [si intende che si possono fare queste operazioni “artistiche” utilizzando immagini o musica sui dispositivi digitali – ndt] 24 ore su 24, 7 giorni su 7.

Rimane la questione del CHE COSA?

In quanto studioso che lavora nell’ambito della psicologia e dell’educazione, rispondere alla domanda del cosa e del come è il mio lavoro quotidiano.

Nel 1975 Howard Gardner avrebbe parlato delle arti come di un’attività che impegna e sviluppa l’intera gamma delle intelligenze umane, non solo il linguaggio e la logica di cui di solito si occupano i test, ma anche l’intelligenza musicale, quella corporea, quella spaziale, quella personale, quella emotiva. Come Nelson Goodman, il fondatore del Project Zero di Harvard, amava dire: “Non vogliamo che l’educazione sia per mezza testa” e probabilmente sapete che le diverse parti del cervello sono a servizio delle diverse intelligenze. Non solo vogliamo utilizzare l’intera gamma delle intelligenze, ma vogliamo essere in grado di collegare le intelligenze tra loro in modi nuovi e inaspettati, reali e virtuali, a scuola, nella terra del parco e nel cyberspazio. Non c’è ragione per cui le arti rimangano dentro i confini tradizionali.

Nel 2015 Howard Gardner è impegnato in uno studio nazionale sull’istruzione delle arti liberali e delle scienze nei college [nell’ordinamento degli studi negli Stati Uniti e nel Regno Unito sono presenti università e college che si dedicano alle “Arti liberali”, cioè privilegiano le discipline umanistiche, le scienze umane, il diritto, l’economia, la medicina, la biologia e la matematica anche in un’ottica interdisciplinare. Il curriculum degli studi di queste università è volto a impartire conoscenze generali e sviluppare capacità intellettuali generali, in contrasto con i percorsi professionalizzanti e tecnici. In genere, un corso di studi quadriennale presso un college di arti liberali porta gli studenti a conseguire la Laurea in Lettere o la Laurea di Scienza – ndt]. Per Thomas Jefferson e per coloro che, come le persone qui presenti, hanno imparato da lui, l’istruzione alle arti liberali e alle scienze è una forma di “educazione globale residenziale” [nei college di arti liberali dove gli studenti risiedono, la didattica è volta a integrare insegnamento formale, apprendimento informale e personalizzazione, quindi il programma accademico viene affiancato da attività di ricerca ed esperienze – ndt] dove la mente, il corpo e lo spirito possono vagare liberamente per quattro anni, aprendo possibilità e realizzando trasformazioni nel periodo più flessibile e libero della vita. Oh, potessi avere di nuovo 18 anni! [Nella guida ai migliori college statunitensi, Howard Greene e Matthew Greene così definiscono gli obiettivi dell’educazione alle arti liberali: “In un mondo complesso e mutevole, è essenziale sviluppare un alto grado di alfabetizzazione intellettuale e capacità di pensiero critico, un senso di morale e responsabilità etica nei confronti della società, la capacità di ragionare chiaramente, di pensare razionalmente, di analizzare le informazioni in modo intelligente, di rispondere alle persone in modo compassionevole ed equo, di continuare ad apprendere nuove informazioni e concetti per tutta la vita, di apprezzare e trarre piacere dalla bellezza delle arti e della letteratura e di usarle come ispirazione e conforto quando necessario, per creare un senso di autostima che proviene dalla realizzazione personale e dal superare le sfide della vita con successo”- ndt]

Eppure, come tutti sapete, l’educazione tradizionale delle arti liberali e delle scienze è in pericolo, a causa delle sue spese, a causa di quella che io chiamo iperspecializzazione e a causa di varie minacce sui campus stessi. 40 anni fa l’università incarnava Le due culture di C.P. Snows [cultura umanistica e cultura scientifica – ndt]. Gli studenti si dedicavano alle materie umanistiche, solitamente inglese o storia, o alle scienze. Ora la bilancia pende decisamente verso le scienze, e, a causa di vari fattori, le materie umanistiche sono considerate deboli e in ritirata.

Ma nell’attuale situazione c’è un eccellente aspetto positivo: sono convinto che oggi le arti possano fornire un collegamento insostituibile e potente tra le discipline umanistiche e quelle scientifiche.

Pensiamoci…gli strumenti a disposizione degli artisti, digitali o analogici, possono provenire da qualsiasi luogo e possono essere utilizzati ovunque e non rispettano i confini disciplinari, sono immancabilmente interdisciplinari. Steve Jobs si muoveva senza soluzione di continuità tra arte, design e tecnologia. 

E i molti artisti qui presenti (Damian Woetzel e Yo-Yo Ma), gli artisti che sono attivisti e lavorano sul tessuto urbano, ci ricordano che si può lavorare con gli studenti e con gli insegnanti per trasformare le scuole, i parchi, i centri urbani, e anche le app. Questi educatori eroici non usano necessariamente il termine “arte”: parlano di “design”, “making”, “creating” (progettare, fare, creare); ma in sostanza gli artisti, coloro che educano all’arte, di oggi e di domani sono semplicemente esseri umani, che usano tutte le loro facoltà per catturare ciò che conosciamo, ciò che sentiamo, ciò che apprezziamo in forma potente e memorabile. Questo è il cuore delle arti. 

Festa della musica a Parigi

Forse, e dico forse, una rinnovata attenzione alle arti nei nostri college e nelle nostre università potrebbe collegare fortemente le discipline umanistiche e le discipline scientifiche e contribuire a rinvigorire l’educazione alle arti liberali che molti di noi hanno a cuore.

Per i nostri giornalisti interplanetari ho anche un titolo, un tweet: “L’ educazione artistica: da Lenny, il genio della musica, a Leonardo, il genio universale”. [il riferimento è a “Lenny” Leonard Bernstein citato da Gardner all’inizio del suo intervento – ndt] 

Ed ecco la mia osservazione conclusiva che rivolgo al visitatore interplanetario: “Eccoti le risposte alle tue domande: rispetto a decenni fa, le arti negli Stati Uniti sono ovunque, sono per tutti, fanno uso dell’enorme gamma delle facoltà e delle intelligenze umane e offrono un mezzo potente per sintetizzare le diverse prospettive sull’esistenza e sulle possibilità umane. Le arti possono e devono essere centrali nell’educazione sin da prima della scolarizzazione e per tutta la vita, perché permettono di spaziare tra le discipline umanistiche e quelle scientifiche.”

Noi, cari giornalisti, vorremmo esportare le nostre conoscenze e i nostri media a chiunque sul vostro pianeta sia interessato alle loro possibilità infinite. E se avete prodotti e processi potenti e affascinanti, prenotatemi per una visita al vostro pianeta.

Grazie.”

[L’intervento di Howard Gardner può essere visionato in lingua originale nel seguente video]

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