Educare alla Non Violenza: tra vecchio e nuovo modello educativo
Trattare l’educazione alla Non Violenza è sempre abbastanza complesso come per i tanti argomenti legati all’ educazione e alle modalità educative che si sono ripetute nel tempo fino ad oggi e rimessi in discussione.
È tanto difficile spiegare la portata che possono avere determinate pratiche educative soprattutto quando queste sono dannose per la formazione dell’ individuo e spiegare quanto invece altre, siano fondamentali per un approccio relazionale positivo che possa avere effetti benefici sulla salute e il benessere della persona.
Vecchio modello educativo: rapporto autoritario e di forza come unico modello di riferimento.
E giusto chiamare “vecchio” un modello educativo quando ancora questo modello è ben presente nella vita quotidiana e nel modo che abbiamo di educare?
L’essere cresciuti attraverso un modello educativo che abbiamo sempre conosciuto, subito e applicato a nostra volta e nel quale poniamo la nostra fiducia rende difficile confrontarsi con la possibilità che possano esistere altre modalità di educare proprio perché quello è stato l’ unico che ci è stato presentato in forma più o meno invadente, più o meno forte, più o meno consapevole ma comunque l’ unico modello di riferimento.
E pure avendo la consapevolezza che questo sia un modello da dover abbandonare, il compito non sarà facile perché dovremo fare un lavoro su noi stessi di non poco conto, lasciandoci indietro quello che finora ci ha guidato e formato per cercare di creare le condizioni necessarie in un progetto educativo concreto che metta al centro la relazione e la comunicazione efficace e che rimetterà tutto uno schema personale in discussione, ma il cammino ne vale la pena!
La società in questo, ha giocato un ruolo primordiale, schematizzando l’educazione come una strada da intraprendere senza nessuna deviazione che potesse mettere in dubbio il “potere” della figura dell’ educatore in generale, maestro, genitore o dell’adulto che doveva essere la figura forte, da seguire, e alla quale il bambino doveva obbedire senza contraddire.
Parlare di questi aspetti esplicitandoli, ci fa capire che questo modello descritto che ci sembra così lontano e ormai superato teoricamente è purtroppo ancora troppo presente anche se assume una forma diversa, nascosta, abbellita. Le violenze educative sono sempre presenti e per eliminarle dobbiamo attrezzarci di strumenti che ci permettano di modificare il nostro approccio relazione con l’altro e soprattutto soffermarci sulla relazione con noi stessi andando a scoprire chi siamo realmente e cosa possiamo fare per migliorare, per stare meglio e fare del bene.
Verso un’ educazione alla Non Violenza: consapevolezza e sfida.
Oggi sappiamo quanto sia importante adottare un modello educativo capace di privilegiare la relazione, l’ ascolto, l’empatia.
Gli studi ci confermano quanto sia fondamentale ricevere amore e comprensione soprattutto nella fase critica dello sviluppo che va dalla nascita all’adolescenza, periodo che segnerà la nostra formazione da individuo adulto.
Un’ altra prova a conferma degli studi è il nostro sentire e la nostra naturale propensione a capire quanto sia urgente modificare l’ approcciarsi e il relazionarsi al bambino, perché dentro di noi sappiamo quanto possa essere pericoloso e dannoso mettere in atto determinati comportamenti o riprodurre quelli che noi stessi abbiamo subito, immergendoci con tutti noi stessi in quello che abbiamo provato quando lo abbiamo vissuto e che condiziona il nostro presente, i nostri comportamenti, i nostri pensieri, la nostra vita.
È questa consapevolezza che ci permette di affermare che è venuta l’ora di cambiare qualcosa.
Certo essere consapevoli non ci dà gli strumenti per poter affrontare in modo lineare il cambiamento ma ci permette di crederci e di attivarci e motivarci e di iniziare un percorso di messa in discussione e di messa in gioco.
Cos’è l’educazione alla Non Violenza?
Educare alla Non Violenza è concentrarsi sulla relazione, sulla comunicazione efficace basandoci sull’ascolto dell’altro e l’empatia da un lato, e sulla focalizzazione del sè e l’auto-empatia dall’altro.
Secondo Marshall Rosenberg (1934-2015), Psicologo e padre della Comunicazione Nonviolenta, la “Comunicazione Nonviolenta (CNV), si basa su abilità di linguaggio e di comunicazione che rafforzano la nostra capacità di rimanere umani, anche in condizioni difficili.
La CNV ci guida nel ripensare il modo in cui esprimiamo noi stessi ed ascoltiamo gli altri.
Invece di limitarsi ad essere reazioni automatiche, abituali, le nostre parole diventano risposte coscienti basate sulla solida consapevolezza di ciò che percepiamo, ciò che sentiamo e ciò che vogliamo. Siamo perciò indotti ad esprimere noi stessi con onestà e chiarezza, prestando agli altri allo stesso tempo un’ attenzione rispettosa ed empatica.” (Marshall B. Rosenberg. “Le parole sono finestre [oppure muri]. Introduzione alla comunicazione nonviolenta”.)
La comunicazione nonviolenta è qualcosa di più di una semplice abilità a parlare, comunicare, agire, è qualcosa che nasce da dentro, che “ci porta a dare dal cuore”, è quello che noi siamo, che noi comprendiamo di essere e che attiviamo per porci all’altro, per comprenderlo, è quello che naturalmente noi sentiamo, quello che abbiamo dentro, e da lì dovremmo partire.
I quattro aspetti della CNV di Marshall sono:
- Osservazione
- Sentimenti
- Bisogni
- Richieste
Se consideriamo questi quattro aspetti della comunicazione efficace riusciremo a connetterci totalmente con l’altro e proprio perché parte dalla nostra consapevolezza, sarà a noi pescare in questo strumento per adattarci alle richieste del momento.
Nella quotidianità la cosa più semplice per riuscire a gestire al meglio un conflitto o comunque rapportarsi con l’altro in una relazione positiva è proprio quella di ascoltarsi dentro, capire cosa provo e quello che possono suscitare in me determinate emozioni e azioni.
È riuscire con pazienza, rispettando i miei tempi e quelli dell’altro a creare una scambio di richiesta e risposta basato sul rapporto empatico, fatto di gentilezza e apertura.
In questo modo riuscirò a comprendere l’altra persona e capire il suo atteggiamento e liberandomi da pregiudizi potrò cogliere il messaggio, lo stato d’animo, i sentimenti, le emozioni per quelli che sono realmente, senza la mia interpretazione. Solo così potrò avvicinarmi all’altro e convivere in armonia.
Educazione positiva: fare chiarezza sul suo vero significato.
Oggi, sono tanti gli approcci che cercano di dare aiuto ai genitori in difficoltà, attraverso libri, corsi e diffondendo l’idea che si possa vivere in armonia ed essere ascoltati ed obbediti dai propri figli con l’aiuto di metodi basati sulla gentilezza e frasi pronte, ma attenzione perché questo può essere rischioso per il genitore che non trova riscontro e che non riesce a immedesimarsi e soprattutto non riesce a mettere in pratica e ad avere i risultati promessi.
Il punto è che a differenza dell’ educazione basata sulla comunicazione Nonviolenta nella quale viene messo l’ accento sulle risorse personali ed intrinseche del genitore o dell’ educatore, in questi approcci spesso si cerca di dare degli strumenti estrinseci alla persona, quello che viene messo in risalto è invece il fine che però si appropria di mezzi falsamente rispettosi verso il bambino.
Si danno consigli su come ottenere determinati comportamenti dai nostri Bambini, senza punire, senza sgridare, con frasi predefinite… ma in questo rischiamo di perderci perché non siamo noi ad ascoltarci e non siamo noi ad ascoltare ma eseguiamo dei consigli senza sentire cosa ci dice il cuore e senza aprirci a quello che riceviamo dall’altro.
Rischiamo di cadere in una forma di violenza educativa mascherata che vuol farci credere di donare rispetto e provare empatia e di ascoltare ma non può effettivamente trovare un esito positivo perché non stiamo usando e imparando ad usare le nostre risorse.
I modi utilizzati sono più dolci ma il fine al quale vogliamo arrivare è sempre lo stesso… farci ascoltare, riuscire a far fare al bambino quello che vogliamo.
Questo non è educare alla Non Violenza.
Educare alla Non Violenza come lo abbiamo più volte ribadito è entrare veramente in sintonia con sé stessi e con l’altro, totalmente, e riuscire a pescare quello che possiamo e che fa parte di noi e della nostra esperienza, delle nostre emozioni per cercare di risolvere ciò che crea problemi e che fa stare male nel rapporto con l’altro, le incomprensioni e il riuscire a venirsi incontro per comprendersi il più possibile , lentamente, con i propri ritmi.
Va tenuto a mente che per fare questo grande lavoro bisogna metterci impegno e dedizione, bisogna connettersi realmente con sé stessi perché è lì che si trovano tutte le risposte, non esistono formule magiche, ma solo l’entrare in sintonia con noi stessi.
Ancora, dobbiamo tenere a mente che non siamo supereroi e che ci muoviamo nella nostra realtà per come è, con i suoi imprevisti, le sue bellezze ma anche le sue difficoltà e questo fa sì che possiamo riscontrare ostacoli in questo processo ma anche che dobbiamo accettarli tranquillamente.
Altro punto importante da tenere presente è che tutto il mio agire rispetterà interamente il bambino che ho di fronte.
Solo così potremo davvero sconfiggere la violenza educativa esplicita, evidente o truccata, nascosta.
Qualunque forma di violenza educativa ordinaria ha un peso che non potrà mai essere alleggerito.
Le parole, anche quando possono sembrare innocue, possono far male, colpire tanto forte se non sono ridimensionate con l’altro.
Una “piccola punizione che non ha mai fatto male a nessuno” può restare nel cuore per molto tempo modificando lo schema personale della persona.
Una “battuta ingenua” può restare impressa nella mente e cercare di cancellarsi senza che ciò avvenga.
È nostro compito fermare la violenza per vivere in armonia e per far crescere bimbi liberi e felici e sopratutto per dare l’esempio da seguire perché sappiamo bene ormai che da noi i bambini apprendono tanto, dai nostri comportamenti loro colgono insegnamenti che riprodurranno e se avranno le risorse sapranno dove attingere.