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Come aiutare tuo figlio a migliorare la sua intelligenza emotiva

Daniel J. Siegel, psichiatra

“Diciamo che un bambino di tre o quattro anni abbia un fratello piccolo e gli prenda dalle mani un gioco con la conseguenza di farlo piangere. Sarebbe uno sbaglio dirgli: “non dovevi farlo, è stato molto brutto, vai in camera tua per punizione!”

Un’altra maniera differente sarebbe cercare di capire il motivo per cui il bambino di 4 anni ha tolto il gioco dalle mani del suo fratellino. Sono molti e diversi i sentimenti e i pensieri sottesi all’azione del togliere un gioco.

Invece di punirlo e mandarlo in camera i genitori potrebbero dirgli: “Cosa hai provato nel togliere il gioco a tuo fratello?”, invitandolo, attraverso questa domanda, a comprendere quello che sta avvenendo dentro di lui, perché in quel momento la sua mente lo stava portando a togliere il gioco al fratellino.

Questo tipo di interazione si chiama dialogo riflessivo. A questa domanda il bimbo di 4 anni potrebbe rispondere: “Volevo il gioco!”. A questo punto la madre potrebbe dire:” So che volevi il gioco, però che sentimento ti ha portato a volere il gioco?” E finalmente si scopre che è stata la gelosia a muovere l’azione, dovuta magari alle attenzioni maggiori rivolte al più piccolo. Questo breve scambio verbale aiuterà il bambino a comprendere che è stato questo sentimento a portarlo ad agire in modo inadeguato, che si può imparare a comunicare ad un’altra persona quello che si prova e anche a conoscere meglio se stesso, ma anche e soprattutto che i genitori sono una fonte di conoscenza e un rifugio accogliente, e non una fonte di castigo. 

Quelle presentate sono due forme completamente distinte di affrontare lo stesso comportamento. Naturalmente, dovremmo propendere per la seconda, che potremmo definire “my inside” e che permette al bambino di apprendere, attraverso la conoscenza dei propri sentimenti, l’intelligenza emozionale, ovvero quell’intelligenza sociale che si sviluppa quando il bambino si rende conto che il suo comportamento ha impatto anche sugli altri, che le sue azioni e le emozioni sottese ad esse sono importanti. 

In alcuni casi, anche la punizione temporanea può limitare il comportamento errato, tuttavia, con la punizione quello che il bambino impara è “NON DEVO TOGLIERE IL GIOCO DAVANTI AI MIEI GENITORI”, un apprendimento che molto probabilmente lo porterà a ripetere il comportamento….di nascosto! 

L’educazione emozionale è uno strumento fondamentale per muoversi in un mondo così complesso e in questo un ruolo fondamentale è quello dei genitori e degli insegnanti, che dovrebbero essere per i bambini al tempo stesso rifugio e guida: un rifugio per aiutarli a osservarsi da dentro, a contemplare la propria interiorità; una guida per aiutarli ad abbandonare il nido e volare nel mondo. 

Video di riferimento:

Tradotto da:

Chiara Marchiori

Immagine: dall’albo illustrato
“Le cose che passano” di Beatrice Alemagna, Ed. Topipittori, 2019

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