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Teatro e sviluppo emozionale

Si parla spesso della valenza di supporto allo sviluppo emozionale del teatro e del gioco teatrale, e vorremmo portare oggi, in questo articolo, un’esperienza personale, una delle tante, che ci sembra particolarmente emblematica in questo senso.

Era il 2005 e entravo in una nuova classe di Scuola Dell’Infanzia, omogenea per età, quindi tutti bambini intorno ai 3 anni, 18 bambini per la precisione.

L’insegnante, prima di cominciare, mi avvisa che c’è una bambina particolarmente spaventata dalla figura del lupo cattivo, figura tipica nelle fiabe.

E se consideriamo che le fiabe in linea di massima più indicate per il loro contenuto simbolico e per la semplicità dell’intreccio narrativo per quell’età sono Il lupo e i sette capretti, Cappuccetto Rosso e simili, capite bene che il lupo andava risolto, per così dire.

Ma non per un problema di non sapere cosa raccontare, ma perché il lupo cattivo è, nell’accezione simbolica, una parte della nostra personalità, legata all’istinto.

Parlo in maniera semplificata, perché non ci interessa tanto in questo contesto entrare nello specifico dei significati simbolici quanto concentrarci sull’utilità del teatro nella crescita e nello sviluppo emotivo.

Dunque ho questa bimba spaventata dall’idea del lupo cattivo, cosa posso fare io, e soprattutto cosa può fare il gioco teatrale?

Una delle caratteristiche del gioco simbolico è quella di permettere di sperimentare in una situazione protetta possibilità e situazioni senza subirne le conseguenze una volta usciti dal gioco.

Nel gioco teatrale questa caratteristica viene amplificata.

Inoltre il modo in cui vengono raccontate le storie, così come qualunque narrazione, è altrettanto importante: una cosa è abbassare le luci, iniziare a raccontare e raccontare in maniera suggestiva, un’altra è dire “Ammete! Il lupo si pappò la nonna”, accompagnando il verbale con un’espressione del viso tipo “Ma guarda te questo lupo!”

E quindi, formato il semicerchio, non il cerchio sennò non possiamo guardarci tutti in faccia, ho iniziato a raccontare Il lupo e i 7 capretti.

Molta attenzione alle inflessioni della voce, a dove soffermarmi e dove no, e un occhio in particolare alle espressioni del volto della bimba.

Un’occhiata mi mostra che il lupo viene aspettato con timore e crea un brivido al suo arrivo, ma un brivido gestibile, per la sua brevità.

E iniziamo a giocare la storia, una parte della classe sono capretti, l’altra parte lupi, e la bimba è la mamma insieme a me.

La mamma insieme a me, cioè le propongo, e lei accetta con evidente piacere, una parte “esterna” in qualche modo, la parte di chi gestisce la situazione.

Gestisce la situazione, molto importante.

E il gioco di drammatizzazione ha inizio.

E si arriva al lupo che bussa alla porta, all’inganno del lupo e al suo papparsi i capretti.

Lei e io guardiamo, i bambini ridono, si rincorrono, strilli, altre risate, gran divertimento, noi, curiose, guardiamo.

E questo è stato il primo passo.

Negli incontri successivi, la bimba via via si incuriosisce, vuole fare il capretto, Cappuccetto, e sempre si toglie dal gioco all’arrivo del lupo.

Il tempo passa, un mese, due…

E poi…

E poi sento, capisco, intuisco che è il momento: “Tesoro – chiedo – ti va di fare il lupo?”.

Uno sguardo, un guizzo “Sì!”.

E così la nostra lupacchiotta non aveva più paura del lupo cattivo, poteva giocarlo, manipolarlo, provare a esserlo e sperimentare il piacere, il divertimento, di essere il lupo che ti corre dietro per acchiapparti, il lupo che imbroglia Cappuccetto Rosso, il lupo che ordisce inganni alle spalle dei Tre porcellini, il lupo che alla fine viene inevitabilmente e inesorabilmente sconfitto.

Cosa è successo? Cosa hanno fatto accadere il teatro e il gioco teatrale?

E’ successo che il teatro ha svolto la sua funzione primaria, la catarsi, e il gioco teatrale ha permesso alla bambina di manipolare il simbolo, inconsciamente, fino a farla sentire sicura nell’avvicinarsi all’inavvicinabile, è successo che le emozioni positive che vedeva nei suoi compagni l’hanno invogliata, è successo che lei aveva voglia di aprirsi, è successa la magia del teatro.

Credo che non scorderò mai questa storia, questa prova vera e vissuta del potere delle fiabe, dei simboli, del rapporto umano.

Orietta Bernardi e Marcello Muccelli (Maestro Ciambello)

(immagine: Cappuccetto Rosso, Massimiliano Frezzato)

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