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Le emozioni sono parte integrante della nostra vita fin da piccoli e funzionano come una sorta di “campanello interno” quando succede qualcosa intorno a noi, si muove qualcosa che ci fa reagire in un modo piuttosto che in un altro: possiamo dire che le emozioni nascono nel nostro sistema limbico (il nostro “secondo cervello”, collocato sopra a quello rettiliano, che prende in considerazione l’altro/a da me e l’ambiente esterno) per poi essere “negoziate” dalla corteccia prefrontale deputata all’autoregolazione, che si attiverà a seconda di quanto e come l’abbiamo allenata e nutrita!

Le teorie di riferimento sull’intelligenza emotiva sono diverse (da Goleman, a Salovey e Mayer, giusto per citarne alcuni) ed ognuna fa riferimento all’importanza fondamentale di riconoscere le emozioni, anche quando sono “nascoste”, saperle comunicare all’esterno in maniera rispettosa per gli altri e per se stessi, saper interagire con le emozioni altrui, ecc… 

Secondo il modello di competenze emotive di Rafael Bisquerra, lo scopo dell’educazione emozionale è quello di prevenire il disagio e promuovere il benessere e per questo coinvolge sì i bambini/ragazzi ma non può prescindere dal ruolo fondamentale degli adulti:
partire dall’autoeducazione è fondamentale (saper conoscere in sé stessi e riconoscere negli altri le emozioni, sapere “come stiamo” all’interno del nostro ambiente di lavoro, nella nostra comunità…), anche perché in primis i bambini/e “sentono” chi e come siamo, ci osservano e seguono il nostro esempio, ancor prima di comprendere le nostre parole!

L’educazione emozionale è una strategia educativa che prevede la comprensione prima e l’applicazione poi di una serie di “buone prassi” e non è un qualcosa che si improvvisa e nemmeno un qualcosa che si può fare solo in un dato momento della giornata: oltre ai momenti strutturati infatti, le emozioni pervadono la nostra quotidianità ed emergono attraverso il nostro comportamento.

Le indicazioni derivanti dall’OMS con le Skills for Life, dall’UNESCO, dalle linee guida Ministeriali ed i recenti dati allarmanti relativi al benessere scolastico (secondo una ricerca condotta da una commissione ministeriale il 73% degli studenti italiani sta male a scuola), sollecitano la necessità di una presa in carico forte finalizzata al benessere di bambini ed adulti anche all’interno della scuola, dove i bambini/ragazzi trascorrono gran parte del loro tempo fino all’età adulta! 

Quindi è importante programmare delle attività specifiche in cui si orienti il focus sulle emozioni ma è fondamentale porre l’attenzione ai contesti non formali: è quando siamo rilassati che ci esprimiamo con le nostre modalità più naturali.

Secondo Daniel Goleman l’obiettivo dell’educazione emozionale è accompagnare i bambini a compiere questi quattro passi:

  • Che possa raccontare la situazione e come lo fa sentire, identificando e dando un nome all’emozione;
  • Che pensi alle diverse opzioni per risolvere la situazione;
  • Che analizzi le conseguenze di ogni opzione;
  • Che scelga una soluzione e la metta in pratica.

Non è quello che ci troviamo a fare pressochè quotidianamente anche noi adulti? Spesso non ce ne accorgiamo perchè tutto questo processo avviene in modalità semi-automatica, ma possiamo diventarne sempre più consapevoli ed allenarci ad osservare noi stessi (come funziono? Come reagisco? Perché? Cosa sto provando?), per essere uno specchio sempre più pulito per gli altri intorno a noi ed accompagnare più consapevolmente bambini e ragazzi nel loro processo di crescita.